Liturgia

 

Sursum corda: Traditio manet in Augusta Taurinorum

La regal Torino rinasce con la S.Messa di sempre.  

Trascriviamo l’articolo redatto dai cavv. dott. Massimiliano Fissore e Vittorio Cisnetti, pubblicato su “Il Caffe Torinese”.
 

Sotto la madida canicola delle afose estati torinesi, il silenzioso passo di un nutrito stuolo di fedeli calca i sampietrini d'un assonnato centro storico cittadino nel suo risveglio domenicale. Entrano frettolosamente in chiesa, sorpassando i soliti questuanti di spiccioli che germogliano sui sagrati e agli angoli delle vie; mancano pochi minuti alle 11 e la messa sta per iniziare.

In chiesa le ultime Ave Maria di un rosario pre-liturgico vanno concludendosi nel dialogo fra guidante e assemblea, sono in latino, prenunzio della funzione che il sacerdote si accinge a celebrare: la messa tridentina.

L'atmosfera è raccolta, per la pandemia si è optato per la messa bassa, ovvero letta e non cantata. Il celebrante in pianeta verde, il colore liturgico del tempo ordinario, fa il suo ingresso in chiesa accompagnato dal ministro in talare romana e cotta, e inginocchiandosi innanzi all'altare inizia la liturgia con il segno di croce e la recita dell'Introibo ad altare Dei. La solennità rituale è quasi palpabile, la chiesa, nonostante sia una domenica mattina d'agosto e siano necessari i distanziamenti sociali (prontamente rispettati), è gremita, alcuni addirittura seguono la messa dal sagrato, dove le porte sono aperte per il caldo e per il ricambio d'aria. Molti sono i giovani, a partire dalle famiglie con i più piccini ancora in braccio alla mamma, passando per gli adolescenti, fino ad arrivare a ragazzi ventenni e trentenni. Alcune donne indossano il velo sul capo, o quefa, come si dice qui in Piemonte, bianco per le nubili, nero per le coniugate e per le vedove, e quasi tutti i fedeli tengono fra le mani un messalino con cui orientarsi nelle risposte e nelle preghiere durante la celebrazione.

Quasi tutti i partecipanti conoscono ottimamente le risposte corali alle preghiere che la liturgia prevede, la ritualità è molto sentita e tutti coloro che fisicamente sono in grado non esitano a inginocchiarsi, anche per terra se necessario, l'attenzione è particolarmente alta. Successivamente alla Consacrazione, i fedeli si pongono in fila, con il dovuto rispetto, recandosi uno ad uno alla balaustra, dove inginocchiandosi ricevono l'Eucarestia direttamente in bocca, toccarla con le mani sarebbe sacrilegio. Il sacerdote rispetta scrupolosamente le norme igieniche e dopo ogni comunicazione del fedele lascia che il suo chierichetto gli versi dell'acqua sulle dita, gliele asciughi e gli metta un filo di disinfettante, rendendole di fatto costantemente pulite e asettiche.

Al termine della celebrazione, dopo la benedizione e la recita del prologo del Vangelo di Giovanni, un ultimo Salve Regina accompagna l'uscita del sacerdote e successivamente dei fedeli nel ritorno alle loro faccende quotidiane: ite, missa est. Inizia la domenica.

Leggendo queste poche righe potremmo quasi credere di essere incappati in un brano descrivente uno spaccato di vita quotidiana di un qualche passato periodo storico, magari durante uno dei tanti eventi pestilenziali come si potrebbe evincere da alcuni riferimenti nel testo, una potenziale Torino del 1630 magari, in una delle tante chiese che costellano magnificamente il nostro centro storico.

E invece no. La Torino di cui stiamo parlando è dei nostri tempi, il 2020, e la pandemia che si aggira come uno spettro aggredendo le relazioni sociali e la vicinanza fra persone non è la peste, non è il vaiolo, è il coronavirus. Anche la chiesa di cui stiamo parlando non è a caso, è la Chiesa di San Giovanni Decollato, nota anche come Chiesa della Misericordia, appena dietro l'affollata via Garibaldi. In questo luogo, ospitante l'Arciconfraternita della Misericordia sin dal 1720, poco è cambiato nei tempi moderni, la Tradizione sopravvive nelle ritualità e nelle liturgie cattoliche altrove nel mondo ormai quasi del tutto dimenticate o addirittura condannate; qui la fede e la devozione resistono nella loro forma più autentica.

La messa tridentina ivi celebrata, nota anche come Vetus Ordo, Latino-Gregoriana, messa di San Pio V o, in tempi più recenti, come messa in "forma straordinaria", è la forma liturgica che si è sempre utilizzata nelle chiese di rito romano (la maggioranza del mondo cattolico, includente tutte le chiese d'Italia ad eccezione degli ambrosiani, ovvero l'Arcidiocesi di Milano) sino al 1969, quando Paolo VI, volendo dare seguito al Concilio Vaticano II,cambiò radicalmente il Messale romano e impose la nuova liturgia"ordinaria", quella attualmente in uso pressoché ovunque.

Seppur la Vetus Ordo Missae non venne mai formalmente abolita e continuasse ad essere lecitamente utilizzata un po' a "macchia di leopardo" nelle varie chiese del mondo, a seguito degli scontri avvenuti fra i modernisti che ebbero la meglio nel Concilio Vaticano II e i tradizionalisti che in parte si annichilirono o decisero di prendere le distanze (vedasi i Lefebvriani) da quegli sconvolgimenti istituzionali e sacramentali, essa cadde quasi definitivamente in disuso e nell'oblio, dove purtroppo si trova tutt'oggi, sconosciuta alla maggioranza dei fedeli. Fu grazie al Santo Padre Benedetto XVI se di recente la messa tridentina si riappropriò di una piccolissima parte della sua immensa dignità. Grazie al motu proprio Summorum Pontificum del 2007, il quale a sua volta si richiama ad una già precedente concessione da parte di San Giovanni Paolo II del 1988 con il motu proprio Ecclesia Dei, il papa decise di concedere la possibilità a tutti i sacerdoti di rito latino che lo desiderassero di utilizzare il messale preconciliare di Giovanni XXIII del 1962. Ratzinger osservòcome tale messale non venne mai abolito ed esortò inoltre i preti ad accogliere volentieri le richieste dei fedeli che volessero accostarsi a tale forma liturgica, invitando i vescovi (i quali sono "vivamente pregati" secondo le parole testuali del papa) a provvedere per primi nel rispondere a tali esigenze laddove vi fossero delle mancanze e addirittura inviti ad appellarsi alla commissione pontificia Ecclesia Dei in caso di insoddisfazione.

Se in un primo momento simili richieste - la cui diffusione e la cui adesione appaiono a ben vedere relativamente ampie rispetto al pensare comune di oggi - possono sembrare in certo senso anacronistiche o presentate solo da limitati nuclei di nostalgici e poco più, l'esperienza stessa della funzione in Vetus Ordosmentisce invece da subito ogni analoga considerazione, e le motivazioni del fascino che indubbiamente trasmette ai fedeli e anche ai semplici spettatori appaiono chiare fin dalle soglie del sagrato. Le recitazioni di preghiere, salmi e letture si avvalgono infatti della straordinaria potenza evocativa della lingua che in Occidente per secoli ha trasmesso la saggezza e le opere di santi e agiografi, Padri e Dottori della Chiesa, teologi e semplici uomini di fede, e che è stata a lungo insostituibile veicolo di comunicazione fra ministri e fedeli e fra Uomo e Dio: il Latino, che, alla stregua dell'altrettanto nobile Greco nella Chiesa d'Oriente, detenne per quasi due millenni nella Chiesa e più in generale nel mondo cattolico uno status incommensurabile con quello di qualsiasi idioma volgare. Nell'approcciarsi del fedele alla messa, il ricorso alle antiche formule sembra conferire ad essa una maggiore patina di solennità, e forse quasi anche di sacralità,proprio per l'uso di termini e di una fonetica che pare armonizzarsi perfettamente ed essere quasi connaturata alla funzione stessa in un'intima endiadi di parola e ritmo, o se non altro per i profondi significati e legami storici fra il Latino e l'ambiente ecclesiale ed ecclesiastico (vincolo senza il quale il destino del patrimonio inestimabile di tale lingua sarebbe stato ben diverso rispetto a quanto avvenuto). Unita alla meticolosa cura e attenzione per i particolari nei paramenti, negli spazi, negli oggetti del culto e nella scansione della celebrazione - pratica, questa, che denota il possesso di un senso di rispetto per la ritualità e il dettaglio andato ormai perduto in un mondo ove sembra non poter esistere altro che ciò che è generico, rapido, sempre ansiosamente nuovo e poi però di fatto vuoto -, lo svolgimento della messa nella lingua in cui essa fu impostata e celebrata per tempi immemorabili appare dunque nel suo complesso un'esperienza in grado di stimolare ammirazione nel senso più ampio, fornendo un'occasione diversa e autentica per vivere la fede nei credenti e un momento vivo di riflessione storica per gli appassionati, non senza rivelarsi una proficua attrattiva anche per semplici curiosi.

Questo immenso tesoro, che per la città di Torino si può trovare nello scrigno della Chiesa della Misericordia, è l'esempio più grande di ciò che dovrebbe avvenire per ogni tradizione: essere vissuta. La bellezza della conservazione non sta infatti nella mummificazione, nella reclusione in teche da museo o pagine ingiallite di libri di storia di un qualcosa che reputiamo figlio di un passato ormai compiuto ma che ci beiamo nell'attingere secondo il nostro uso e consumo laddove la vanità nozionistica ci stuzzica talora a richiamare. La Tradizione è figlia del verbo latino tradĕre, ovvero consegnare, ai posteri beninteso. E consegnare qualcosa alle generazioni venture significa alimentare costantemente la sualinfa vitale, creare quel ponte di collegamento fra passato, presente e futuro che ci rende una società, anzi una civiltà, con dei valori fondanti che continuano ad ardere nonostante i mutati contesti storico-sociali.

In questo caso poi, le nuove generazioni sono le prime a trovarsi pienamente coinvolte in questo processo di rinnovamento della tradizione, di riscoperta dell'Antico. Una riscoperta che nasce proprio nel seno della fede, in un tempo in cui quest'ultima è ormai ridotta al lumicino e laddove sopravvive tende ad essere slavata o modellata sui propri comodi o vacillante secondo le mode pauperistiche particolarmente in voga oggigiorno. Non vi è nulla di più incoraggiante e speranzoso del vedere uomini e donne di ogni età desiderosi di riaccostarsi alla Fede e alla Tradizione insieme nella loro autenticità, ricercando qualcosa di più di ciò che la banalità di questo mondo dove tutto è acquistabile fuorché ciò che realmente ha valore, è capace di offrire.

La messa istituita a seguito del Concilio di Trento da Papa San Pio V, il Papa di Lepanto, precedentemente vescovo della nostra vicina Mondovì, è una summa simbolica, mai opulenta, men che meno obsoleta, come qualcuno potrebbe ritenere. In essa Tradizione, Fede, Simbolismo e Bellezza si fondono cercando di dare vita al meglio, poiché "La bellezza della liturgia è espressione altissima della gloria di Dio e costituisce, in un certo senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra", volendo usare le parole di Mons. Guido Marini, attuale prefetto delle cerimonie pontificie. Essa ci conferma dunque che l'Antico non è antiquato, poiché a differenza degli imperativi post moderni in cui le società scartano tutto ciò che non è aggiornato come i software a cui sono indissolubilmente legate, è la manifestazione purissima dell'astrazione dal concetto di tempo di quei riti, di quelle liturgie, ma più ampiamente di tutti quei vissuti, che sono stati pensati con estrema cura da parte delle grandi menti che seppero dare loro forma nel corso dei secoli, istituendoli e ravvivandoli.

Torino ha dunque la grande fortuna di poter accogliere questo piccolo grande esempio osmotico di Fede e Tradizione, una piccola fiamma che si spera possa propagarsi in futuro in altre chiese piemontesi e italiane, andando incontro ai numerosi fedeli, giovani e non, che sempre di più desiderano riscoprire le origini e accostarsi ad un culto maggiormente sentito e in linea con la Storia della Chiesa e della Civiltà cattolica occidentale. SursumCorda, dunque, non tutto s'è perduto nelle nebbie dei tempi, la tradizione sopravvive!

Per i lettori che fossero interessati a partecipare alla messa in Vetus Ordo in Torino, vengono qui di seguito fornite le indicazioni utili.

La funzione viene celebrata ogni domenica alle ore 11 presso la Chiesa della Misericordia, in Via Barbaroux, 41, a poca distanza dalle centrali Via Garibaldi e Piazza Arbarello. A causa dell'ambiente di per sé raccolto della struttura e delle limitazioni vigenti, è consigliabile recarsi sul posto con lieve anticipo onde reperire posti a sedere, oltre che eventualmente per assistere alla recitazione del rosario.

Non si abbia timore infine della non comprensione della messa, le Letture sono declamate in lingua italiana (come previsto dal motuproprio Summorum Pontificum) e con un messale sottomano oscaricabile addirittura sul telefonino nulla rimane ignoto o incomprensibile.




Vivere la Liturgia nella sua essenza

Il “Messale Romano” e il “Caerimoniale Episcoporum”

 

Comprendere l’Azione Liturgica per elevarci a Dio assistendo al Culto Divino.


• “Messale Romano” 1962 in Latino e Italiano
 • “Caerimoniale Episcoporum” in  lingua italiana.

•  “Caerimoniale Episcoporum” in lingua latina.
• ”Messale Romano” e “Rituale” 1969 in Italiano 

 

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